top of page

 Hei tu, dico a te… si avvicinano le feste, lo so, e le tue vecchie ferite si svegliano e ricominciano a farti male, iniziano a sanguinare discrete e silenziose, perché temi che il tuo dolore possa contagiare anche chi ti sta vicino turbandone i cuori, mentre fuori già si respira aria di Natale. Ma non nel tuo cuore. Il tuo cuore ha bandito ogni felicità, e piange senza sosta, a dirotto, inconsolabile anche per me che ti parlo di continuo, ma niente, non mi ascolti, troppo attento-a a sentire cosa ha da dirti la voce acuta della tua sofferenza, che chiede di continuo lacrime da versare. Eppure il Natale è sinonimo di gioia, il Natale è la festa dei bambini che impazienti attendono per scartare i regali, il Natale porta nuove felicità, il Natale  porta nuove speranze da coltivare, già.. non per te però, il tuo cuore non ne vuole sapere di feste e di allegria, piange e chiama di continuo il mio nome, ed io, che da qui sento tutto, sto male, e così siamo in due a soffrire e credimi è difficile soffrire quando si è immersi totalmente nell'Amore di Dio, eppure sento quei battiti arrivare fino a qui, quei battiti del tuo cuore che danno cadenza alla tua sofferenza, alla mia sofferenza, come lame di coltello mi cercano fino ad arrivare a trovarmi qui, in mezzo agli Angeli, per trafiggermi l'Anima senza pietà. Se solo capissi quanta inutilità c’è in questa sofferenza, in questo dolore che ci divide, non permettendoti di sentire la mia costante presenza al tuo fianco. Stai soffrendo per un minuscolo tratto di vita in cui le nostre presenze si sono solo temporaneamente allontanate, ma 5-10-100-1000 anni sono un soffio se paragonati all’Eternità che ci attende, per ritornare a camminare nuovamente insieme. Un uccello nato  in gabbia, nonostante sia da sempre imprigionato in quel piccolo mondo, impara da subito ad intonare dolci melodie da dedicare ogni giorno alla vita, ma non alla vita confinata dietro le sbarre di quella gabbia, che sa non essere il suo mondo, come quella che sta vivendo sa non essere la sua vera vita. Un po’ come succede a noi: vediamo la luce stando prigionieri di un corpo, proprio come quell’uccello… e quella gabbia ricorda tanto la prigione della nostra Anima. Ma giorno dopo giorno, ci si abitua talmente bene al corpo, che non lo si vorrebbe mai più lasciare, mentre la nostra Anima sogna di poter volare via, ed intona ad ogni nuovo giorno odi alla vita Eterna, come quel piccolo uccello aspetta solo il momento opportuno in cui qualcuno dimentichi la porta della gabbia aperta, per iniziare a volare verso la vera vita, perché sa di non appartenere a quella vita fino ad allora vissuta.

Natale...

     Antonino Taverniti    

                                                         alias  Kalabrone Parlante

bottom of page